ROMA 30 settembre 2015
Trivellazioni, Azzalin in Corte di Cassazione a consegnare la richiesta di referendum per il Veneto: “Un passaggio istituzionale di grande significato che ho vissuto con enorme emozione e che permetterà ora a tutti i cittadini di esprimersi. Significativo che a questo momento abbia formalmente partecipato anche il Polesine, che ha vissuto e sta vivendo sulla propria pelle gli effetti delle estrazioni metanifere”
“Un grande momento nella lotta contro le trivellazioni. Ed è una grande soddisfazione che il Veneto sia in prima fila insieme ad altre nove Regioni nella presentazione della richiesta di referendum per abrogare le parti dello Sblocca Italia e del Decreto Sviluppo nelle quali si apre alle estrazioni di idrocarburi. E’ un passaggio istituzionale di grande significato che ho vissuto con enorme emozione e che permetterà ora a tutti i cittadini di esprimersi su un tema che vede tutti i territori interessati già da tempo mobilitati”. Questo il commento del consigliere regionale del Veneto Graziano Azzalin dopo aver depositato ufficialmente alla Corte di Cassazione insieme al presidente Roberto Ciambetti ed ai rappresentanti di altre dieci Regioni le richieste referendarie che riguardano in particolare gli articoli del decreto Sblocca Italia che nella sostanza attribuiscono al governo centrale le competenze territoriali regionali in tema di ricerca di idrocarburi e trivellazioni.
“Non si tratta – aggiunge Azzalin – semplicemente di una difesa locale, ma di una richiesta di rivisitazione delle politiche energetiche nazionali e di un punto segnato a favore di chi antepone la sicurezza idrogeologica e la salvaguardia ambientale alla pura speculazione. Ed è particolarmente significativo che a questo momento abbia formalmente partecipato anche il Polesine, che ha vissuto e sta vivendo sulla propria pelle gli effetti delle estrazioni metanifere. E’ importante che oggi, consapevoli dei rischi, ribadiamo una volontà politica e istituzionale chiara e trasversale che il Veneto, già con la proposta di legge statale 11 del 2011 poi bloccata a Roma, sta esprimendo da anni. Il fulcro del ragionamento non è solo ambientale ma anche economico. In un momento dominato dal tema del risparmio, è bene vedere in concreto gli effetti che delle estrazioni nel Delta del Po: ad oggi, a causa della subsidenza, che è un fenomeno naturale ma che viene accelerato dalle estrazioni, sono stati spesi 3mila milioni per le nuove arginature, 700 milioni euro per la rete idraulica minore ed ogni anno viene sostenuta una spesa di quasi due milioni di euro per tenere in funzione le idrovore. Questi sono in concreto gli effetti delle estrazioni, che nessuna royalty può coprire e che nessuna multinazionale si sogna di sostenere una volta terminate le estrazioni. E’ difficile monetizzare la messa in sicurezza e la tutela, purtroppo però i conti si fanno al negativo quando avvengono disastri. La salvaguardia dell’assetto idrogeologico è la più grande opera pubblica che si possa avviare in questo momento e la prevenzione è a costo zero”.
“Il referendum – conclude l’esponente del Pd – è solo il primo passo. Ma un passo importantissimo e dal significato politico forte e chiaro. La campagna referendaria ci dovrà vedere tutti protagonisti ed impegnati affinché si possa mettere un primo chiaro paletto contro le trivellazioni”.