Cari compagni ed amici,
la tornata elettorale delle Regionali 2015 ci consegna nel complesso un’egemonia amministrativa del PD e del centrosinistra, che oggi governano 10 regioni su 12 fra quelle che hanno rinnovato la propria rappresentanza nell’ultimo anno, a fronte della situazione di parità precedente: 6 a 6.
Il PD ed il centrosinistra in questo contesto, anche per recuperare i consensi persi rispetto alle Europee del maggio 2014, devono fin da subito mettere in campo una strategia di medio periodo che accomuni le politiche governative a quelle regionali sui grandi temi di rilevanza nazionale: deve essere chiara e facilmente comprensibile, anche da un punto di vista mediatico, l’idea di società che perseguiamo; deve essere forte e nitido l’orizzonte politico all’interno del quale ci muoviamo, che a mio parere non può che essere il compimento del progetto di Renzi di cambiare verso al Paese, riformandolo dal basso, in una cornice europeista.
Il PD ha anche bisogno di riaffermare la propria identità politica e culturale, dentro quello che è il suo campo d’azione naturale: l’essere una delle forze principali del socialismo europeo ed un partito modernamente impegnato ad attuare il dettato costituzionale della nostra repubblica: far sì che i cittadini concorrano con metodo democratico a determinare la politica nazionale e le politiche di sviluppo dei territori, superando quel forte astensionismo che ha dilagato nelle recenti elezioni regionali e comunali.
Sono convinto che potremo riconquistare un largo consenso elettorale fra gli italiani ed i veneti solo se sapremo esprimere con forza e chiarezza le nostre proposte sul modello di sviluppo che intendiamo realizzare, sul modo in cui pensiamo di valorizzare le peculiarità del nostro Paese (bellezze naturalistiche, beni artistici e culturali, prodotti eno-gastronomici, manifattura d’eccellenza, made in italy e genio italiano, sistema formativo di qualità, innovazione e competitività delle imprese), sugli strumenti da mettere in atto per potenziare l’efficienza della pubblica amministrazione, della giustizia, del mercato del lavoro, della sanità e dei servizi sociali, della scuola e dell’università, sulla capacità di inaugurare una nuova stagione nei rapporti fra i lavoratori e le imprese, che garantisca più diritti per chi lavora, anche per i giovani che fino a ieri ne avevano pochi e che oggi con il Jobs Act ne hanno qualcuno in più, e allo stesso tempo più competitività per chi intraprende e si assume la responsabilità di guidare un’impresa e di creare lavoro e ricchezza per la comunità, sull’ideazione e sulla realizzazione di politiche attive per la crescita economica e sociale, in contrasto all’insicurezza, alla disoccupazione, alla povertà e alle disuguaglianze.
Ho tracciato campi d’azione rispetto ai quali il PD veneto e quello polesano possono contribuire ad uno sforzo importante ed originale di elaborazione politica e di realizzazione sperimentale, nel segno di un partito che sappia cogliere con più prontezza ed efficacia le aspettative dei Veneti e dei Polesani e che nella sua azione politica e sociale quotidiana sappia maggiormente radicarsi sul nostro territorio.
La sfida del cambiamento va accettata, a partire da noi stessi e dalla riscoperta di una dimensione di impegno politico più vicina ai problemi della gente. Dobbiamo scrollarci di dosso la muffa di consorterie, di particolarismi, di conservatorismi, di tutela di rendite individuali di posizione, che hanno ingessato fino ad oggi un partito che avrebbe potenzialità enormemente superiori a quelle che ha saputo liberare. Mentre noi perdiamo tempo a consumare lunghe diatribe fra gruppi dirigenti e ad alimentare divisioni effimere nel nostro campo d’azione, il centrodestra negli appuntamenti importanti trova sempre la capacità di fare squadra e di proporsi ai cittadini e agli elettori in una veste di maggiore affidabilità amministrativa.
Per questo, anche a livello locale, serve un bagno d’umiltà da parte di tutti, mettendo da parte le sterili divisioni del passato e inaugurando una nuova stagione di impegno politico mirante a rafforzare il Partito Democratico.
Gli strumenti per farlo possono essere molteplici:
- una campagna di tesseramento 2015 da attivare subito con energia, per autofinanziare il partito e per radicare la nostra presenza in tutti i Comuni della provincia, con l’obiettivo di raggiungere i 3.000 iscritti;
- l’organizzazione delle Feste de l’Unità e l’attivazione di altre forme di autofinanziamento con iniziative pubbliche sul territorio;
- la diffusione fra i nostri iscritti ed elettori de l’Unità, ritornata finalmente in edicola;
- l’attivazione di una sezione polesana della Scuola Veneta di formazione politica;
- una gestione partecipata ed attiva del nuovo sito web del PD Polesano da parte dei Circoli e dei nostri rappresentanti istituzionali;
- una presenza più marcata del PD Polesano sui social network tramite un’azione continuativa di confronto e discussione coi cittadini;
- l’avvio dei gruppi di lavoro tematici provinciali coordinati dai componenti dell’Esecutivo provinciale, per qualificare il partito sulla capacità di esprimere il proprio punto di vista sulle questioni principali che attengono alla vita economica e sociale del nostro territorio;
- l’attivazione di una Consulta provinciale degli amministratori del PD e del Centrosinistra, che ci renda protagonisti sulla gestione dei servizi pubblici locali e permetta ai nostri amministratori di condividere esperienze e progetti di qualità.
Su queste direttrici io sono disponibile a proseguire il mandato di Segretario provinciale del partito, non sottovalutando la pesantezza delle sconfitte elettorali subite nelle recenti amministrative, ma rivendicando anche ciò che di buono in questi primi mesi di mandato abbiamo fatto come dirigenza provinciale assieme alla dirigenza comunale e cittadina di Rovigo.
Soprattutto in città abbiamo ricostruito un partito che mai aveva superato fino all’ultimo congresso di settembre 2014 lo scotto della sconfitta elettorale del 2011, originata in parte da divisioni interne. Il gruppo consiliare del PD, guidato da Nadia Romeo, si è trovato quasi sempre solo nel portare avanti le proprie battaglie di opposizione all’amministrazione Piva, in quanto il gruppo dirigente comunale del partito si era progressivamente sfaldato. L’ultimo congresso ha permesso al PD rodigino di avere una nuova guida, solida ed attiva, in grado di organizzare Primarie aperte di coalizione, partecipate ed ordinate, per la scelta del candidato a Sindaco del centrosinistra, di costruire una lista ed un programma qualificati, coinvolgendo dal basso i cittadini tramite settimane di iniziative pubbliche, di organizzare una buona campagna elettorale. Peccato che non tutto il gruppo dirigente del PD abbia lavorato con pari intensità e che anzi qualche dirigente, dopo le Primarie, si sia prodigato nell’originare e nel contribuire a sostenere liste e candidato a Sindaco diversi da quelli del PD. Su ciò ovviamente andrà fatta chiarezza da parte degli organismi competenti.
Rimane l’amaro in bocca per l’occasione sfumata, ma grazie al lavoro fatto da Nadia Romeo e da tutta la squadra che l’ha sostenuta possiamo ripartire con forza da una nostra idea di città e di capoluogo, da un programma condiviso con i cittadini e al quale attingere nel corso dell’azione di opposizione governante che faremo nei confronti della nuova amministrazione di centrodestra a trazione leghista, sia dai banchi del consiglio comunale e sia in mezzo alla gente, nei quartieri, nelle frazioni, nella città intera.
Possiamo subito mettere in campo un nostro progetto per la Rovigo del 2020, attorno al quale costruire anche una nuova classe di amministratori comunali; la stessa cosa andrebbe fatta a livello regionale, da un lato mettendo in rete le esperienze amministrative dei nostri Sindaci sul territorio e dall’altro lato caratterizzando l’azione politica del PD su un’idea precisa del Veneto del presente e del domani, incalzando Zaia su tutti i fronti di competenza della regione tramite nostre proposte alternative a quelle del centrodestra.
Per questi motivi ritengo più utile per il PD veneto, polesano e rodigino serrare i ranghi in questa fase, evitare lacerazioni congressuali e reimpostare la propria linea politica tramite una conferenza programmatica da tenersi nel prossimo autunno.
Propongo ciò non per fuggire da responsabilità o dalla necessità di una seria ed approfondita analisi degli insuccessi elettorali, ma per concentrare tutte le nostre energie in un’azione corale di rigenerazione del PD.
Di certo non possiamo sottovalutare il severo messaggio lanciato dagli elettori a Renzi, al governo, al PD e alle sue classi dirigenti presenti nei vari territori regionali. L’affluenza elettorale così bassa (37%) registrata nello scorso novembre nella tornata elettorale dell’Emilia-Romagna, regione storicamente “rossa”, è stata sottovalutata dai democratici, derubricandola a “repulsione degli elettori verso distorsioni locali delle risorse regionali”; l’intensificarsi di episodi di malaffare in altri territori italiani (“Mafia capitale” su tutti, ma anche scandali sempre più frequenti riguardanti il mondo delle “coop rosse”), accanto ad un crescente e sempre più diffuso senso di insicurezza sociale, alimentato da disoccupazione e povertà crescenti, sfiducia verso il futuro soprattutto da parte delle giovani generazioni, intensificazione degli episodi di microcriminalità, hanno generato un’ondata di protesta che ha penalizzato nelle recenti elezioni il PD ed il centrosinistra ed ha invece premiato il populismo demagogico della Lega Nord e del centrodestra sul fenomeno dell’immigrazione e dei Cinque Stelle sull’antipolitica.
Con ciò non significa che anche la nostra ricetta per rilanciare il Paese debba essere intrisa di populismo, di arroccamento sociale, di marginalizzazione dei più deboli. Dobbiamo anzi recuperare la capacità di tradurre in chiave moderna i principi che contraddistinguono le grandi democrazie: libertà, uguaglianza, fratellanza, ovvero diritti, giustizia, equità per garantire ad ogni cittadino pari opportunità di partenza, diritto al sapere, a restare attivo nel mondo del lavoro, a costruirsi una famiglia, alla tutela della salute. Dobbiamo mettere in campo soluzioni diverse al fenomeno della crescente immigrazione dalle aree più povere e sfortunate del pianeta, tramite una regolazione dei flussi migratori su scala europea e politiche di cooperazione internazionale più efficaci e continuative. Il Mediterraneo per l’Italia e l’Europa e per tutte le nazioni che su di esso si affacciano deve diventare teatro di pace, di cooperazione economica e culturale, di interscambi commerciali, di valorizzazione delle testimonianze archeologiche, architettoniche e artistiche delle più grandi civiltà della storia dell’uomo.
Il Veneto può rappresentare un tassello importante nell’ambito di uno scenario di questo tipo, ma rischia di perdere opportunità se dovesse trincerarsi all’interno del proprio recinto; a quei mondi produttivi che un anno fa alle Europee attribuirono sostegno alla prospettiva di cambiamento messa in campo da Renzi dobbiamo tornare a parlare, condividendo soluzioni per il rafforzamento del nostro sistema economico nell’attuale mercato globalizzato (magari invece di sgravare le ore straordinarie di lavoro, potremmo destinare risorse per incentivare produttività, qualità, sicurezza del lavoro). Ai giovani dobbiamo offrire una speranza reale di futuro migliore. Con il mondo della scuola va riallacciato un rapporto fiduciario, portando a compimento una riforma che stabilizzerà 102.000 posti di lavoro agli insegnanti precari ma tenendo aperta la disponibilità a recepire anche in futuro proposte migliorative da parte di studenti, famiglie e docenti, soprattutto nell’ambito dei decreti attuativi della riforma.
Nel Veneto un PD al 16,6% rischia di diventare una forza politica marginale se non trova la capacità di reagire con determinazione al recente insuccesso elettorale e di proporre un progetto politico in linea con le aspettative dei Veneti; sarebbe fuorviante ed illusorio pensare di risollevarci mettendo in discussione Roger De Menech e l’attuale dirigenza, in sella da pochi mesi; va fatta un’analisi critica ben più profonda e lontana nel tempo, va impostato un modo più efficace di opposizione a Zaia e al centrodestra, ma soprattutto va delineata una nostra identità politica maggiormente in sintonia con le esigenze dei Veneti.
Lo stesso PD Polesano, nonostante abbia raggiunto alle Regionali un risultato nettamente migliore rispetto a quello medio del Veneto (+6,8 punti, pari al 23,5%), mettendo in campo candidati premiati con una percentuale di preferenze sui voti complessivi al PD maggiore di quella ottenuta nel 2010, deve cercare di aprire una stagione nuova, con un serio impegno di tutti.
Abbiamo profuso molte energie nel preparare l’appuntamento elettorale del Capoluogo, ottenendo un risultato sostanzialmente in linea con quello del 2011, ma nettamente insufficiente a trainare un’affermazione vittoriosa del nostro candidato a Sindaco; abbiamo fatto di tutto per unire le forze del centrosinistra all’interno di un’unica coalizione, a partire dalle Primarie aperte, ma ci siamo scontrati da un lato con un radicalismo fuori tempo di qualche soggetto della sinistra, dall’altro con la nascita di una lista civica “antipartiti” come quella di Silvia Menon ispirata da qualcuno dei nostri dirigenti; abbiamo favorito un dialogo con quei moderati che volessero accettare la sfida della discontinuità con l’amministrazione Piva, ma alla fine ha prevalso nei centristi l’antico vezzo di approvvigionarsi dal “forno” ritenuto più capiente in termini di chances di vittoria finale, dopo l’esito del primo turno, sull’onda del grande risultato di Zaia e della Lega. Sicuramente l’election day ci ha fortemente penalizzato.
Ci sono comunque tutte le condizioni politiche per proseguire il nostro lavoro sul territorio e rilanciare l’azione del Partito Democratico. E’ una sfida a cui tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo. Io non mi sottraggo a guidare questa sfida