L’intervista al ministro della Difesa di Giovanna Vitale – la Repubblica
Ministro Guerini, l’emergenza coronavirus sta mettendo in ginocchio il Paese. L’ondata di panico non è anche un po’ colpa del governo, che all’inizio è sembrato navigare a vista, senza una strategia precisa?
«La nostra prima preoccupazione è stata contenere i fattori di rischio per tutelare la salute dei cittadini, poi, a seguito dell’impennata dell’emergenza, abbiamo predisposto misure ancora più restrittive, oggettivamente molto pesanti per la vita delle persone nelle zone rosse. Ora, però, dobbiamo mettere in campo, con urgenza, tutti gli interventi necessari per la vita economica di quei territori, delle loro aziende e dei lavoratori».
Con i due decreti già annunciati dal ministro del Tesoro? Cosa prevedono?
«Innanzitutto di dare una risposta pronta e concreta ai comuni più direttamente colpiti a causa dello stop alle attività. Sia sul piano del sostegno alle imprese mediante l’accesso facilitato ai crediti fiscali e fondi di garanzia, la sospensione dei contributi, delle imposte e delle rate dei mutui, sia sul versante degli ammortizzatori sociali per i lavoratori. Si tratta di territori molto importanti per la crescita complessiva del Paese».
Ma basta a riaccendere la locomotiva del Nord, che si sta fermando e potrebbe precipitare l’Italia in recessione?
«Per questo, oltre alle zone limitrofe, bisogna preservare le filiere, dal turismo all’agroalimentare, così come il sistema delle piccole e medie imprese. Serve subito un’azione forte: investimenti coraggiosi per far ripartire territori e settori in difficoltà, che il governo sta già predisponendo».
L’Oms è preoccupata, diversi Stati minacciano di chiudere le frontiere per paura del contagio, l’Italia rischia l’isolamento?
«Oms e Commissario Ue alla Salute hanno chiaramente parlato di misure molto risolute adottate dall’Italia, confermando piena fiducia nelle azioni che stiamo intraprendendo. Il racconto fatto in questi giorni sull’isolamento è francamente surreale. Chiudere ai nostri connazionali è impensabile. E sarebbe anche opportuno discutere di standard comuni di rilevazione su cui confrontarci, quantomeno a livello europeo. I ministri Di Maio e Amendola stanno dando un contributo prezioso per far capire che l’Italia è un Paese sicuro».
Milano, e non solo, è una città chiusa: bar, negozi, scuole, cinema teatri. Misure che alimentano paura e confusione. Quanto dureranno? Non c’erano alternative?
«Se mi consente, ribalterei la domanda. Oggi che quadro ci sarebbe se ad esempio nelle zone rosse non avessimo imposto la quarantena? Insieme alle Regioni abbiamo preso decisioni condivise per affrontare l’emergenza, con risposte efficaci e proporzionate. Mi soffermerei su questo secondo aggettivo: intendendo che va evitato sia di incorrere in sottovalutazioni, sia di rincorrere esasperazioni. Dopodiché, come tutte le misure, anche queste hanno carattere temporaneo, flessibile e rimodulabile in base agli obiettivi raggiunti e all’evoluzione della situazione».
Anziché restare uniti, Regioni e governo litigano. Il premier Conte ha incolpato l’ospedale di Codogno, il governatore Fontana la Protezione civile. Un rimpallo di responsabilità che ha creato ulteriore caos. Non si poteva evitare?
«L’episodio è già stato chiarito. E non inficia il tanto che è stato fatto insieme. Non è tempo di polemiche, è tempo di lavorare, continuando a fare sistema».
Dopo giorni di attacchi però Salvini ha chiesto un incontro al presidente Mattarella per illustrargli il suo decalogo anticrisi e denunciare l’incapacità del governo.
«In questo frangente tutti, maggioranza e opposizione, siamo chiamati a un lavoro serio, senza distrazioni: abbiamo il dovere di remare nella stessa direzione, mettendo da parte le dispute quotidiane. È quel che serve al Paese, ce lo chiedono i cittadini».
Lei è lodigiano ed è stato sindaco della sua città. Come ha vissuto l’emergenza? I suoi concittadini l’hanno cercata?
«E’ la mia terra. Io sono andato subito in prefettura, a Lodi, per seguire personalmente la situazione. E anche in questa circostanza ho riconosciuto i miei lodigiani, la straordinaria responsabilità con cui stanno vivendo il loro disagio, che è contributo essenziale alla sicurezza di tutti. Senza distinzioni strumentali di colore politico, a partire dai sindaci. Ogni giorno ricevo decine le telefonate, sia da chi lavora sul campo, sia da cittadini e imprenditori che mi manifestano le loro esigenze. Ed è giusto così».
L’esercito intorno alle zone rosse era inevitabile? Non rischia di alimentare il panico?
«Capisco la domanda, ma l’esercito a supporto delle forze dell’ordine ci è stato richiesto per offrire assistenza ai cittadini e garantire l’efficacia delle misure decise. Credo che chi vive lì possa sentirsi rassicurato dalla loro presenza. Non solo. La macchina della Difesa ha anche consentito di rimpatriare i cittadini dai luoghi di contagio con i nostri aerei e attività specifiche, come il biocontenimento, che solo le Forze Armate italiane e quelle del Regno Unito sono in grado di svolgere. Senza dimenticare la task force che lavora h24, pronta ad allestire oltre 5.000 posti letto in infrastrutture militari su tutta la penisola per una eventuale sorveglianza sanitaria».