Roma, 27 novembre 2015
Gentile presidente, onorevoli colleghi,
il Veneto è stato interessato, anche nel recente passato, da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, con ricadute sull’assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere forti iniziative volte al controllo e al contrasto attivo di tali fenomeni.
Mi di cosa si tratta, in definitiva? La subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, ma la causa più rilevante o una delle cause più rilevanti è di origine antropica ed è dovuta all’estrazione di acque sotterranee e di idrocarburi, che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti. Il territorio del Basso Polesine, ad esempio, è totalmente sotto il livello del mare mediamente di 2 metri con punte fino a 4,30 metri. Alcune aree del territorio veneto, parti significative della fascia costiera veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra, sono ad oggi interessati da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull’assetto idraulico, geologico e di tutela del territorio e risulta, quindi, necessario mettere in atto ogni azione che possa limitare tali fenomeni irreversibili.
Analogamente, i più recenti accadimenti alluvionali hanno riportato al centro dell’attenzione il tema della sicurezza idrogeologica che, in Veneto, per le caratteristiche geomorfologiche del territorio, necessita di notevole attenzione. Alcune aree del territorio veneto, in particolare parti significative della fascia costiera veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra, sono interessati da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull’assetto idraulico, geologico e di tutela del territorio e risulta, quindi, necessario mettere in atto ogni azione che possa limitare tali fenomeni irreversibili.
In nome del principio di precauzione e della salvaguardia del territorio, dobbiamo anteporre la sicurezza e la tutela di un territorio fragile, in difficile equilibrio e già pesantemente sfruttato e compromesso, ad ogni possibile interesse economico derivante dall’estrazione degli idrocarburi dal sottosuolo, anche perché è presumibile che i profitti ricavabili da simili investimenti sarebbero in ogni caso molto inferiori a quanto necessario per realizzare ulteriori interventi sulle opere di difesa a mare e per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Po e dell’Adige. Senza contare il rischio a cui verrebbero sottoposti non solo i centri urbani, ma anche i beni storico-artistici, monumentali ed ambientali disposti lungo il corso dei fiumi e lungo le coste.
Voglio provare a fare una sintetica cronistoria: si tratta di una storia forse poco conosciuta, ma che merita di essere ricordata in questa sede. Dagli anni Trenta e soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, fino alla sospensione decisa dal governo nazionale nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di metri cubi di metano e gas naturali, contribuendo ad aggravare notevolmente il fenomeno della subsidenza, che determina un progressivo abbassamento del suolo: possiamo affermare che la subsidenza “antropica”, derivata all’estrazione del gas metano, ha contribuito ad aggravare notevolmente la situazione idrogeologica di un territorio, il Polesine – l’attuale provincia di Rovigo – che nel 1951 è stato colpito da una rovinosa alluvione.
Nel periodo 1951-1960 è stimato che gli abbassamenti del suolo raggiunsero i 2 metri, ma le conseguenze del fenomeno non si sono fermate con l’interruzione delle estrazioni e, fino al 1980, gli abbassamenti hanno raggiunto e superato i 3 metri. Studi recenti effettuati dall’Università di Padova hanno dimostrato una «coda» della subsidenza nel periodo 1983-2008, che ha raggiunto i 50 cm nella zona meridionale del Delta del Po, al confine tra Veneto ed Emilia-Romagna: un impatto che deve fare i conti con l’equilibrio di un delicato ecosistema e con le previsioni, avanzate da più parti, di un progressivo innalzamento del livello del mare, destinato ad interessare nei prossimi anni anche il territorio deltizio.
Buona parte del territorio polesano deltizio è area protetta in quanto già parco regionale veneto del Delta del Po e vogliamo ricordare che, rispetto al fenomeno della subsidenza, cronicità di questa porzione costiera d’Italia, si sono registrati nel tempo attenzione e sensibilità di vari governi, che hanno adottato politiche di tutela del territorio e determinato anche significativi interventi pubblici.
Numerosi provvedimenti legislativi regionali e nazionali hanno allontanato dalla costa il pericolo della subsidenza indotto dalle estrazioni a mare: è oggi urgente tutelare pienamente il territorio della pianura così come quello lagunare e costiero dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali, di erosione dei litorali, dell’aumento di forze distruttive delle onde, della risalita del cuneo salino, che invece risultano favoriti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi.
Abbiamo già citato, nella nostra interpellanza, come l’articolo 26 della nella legge 31 luglio 2002 n. 179, recante disposizioni relative a Venezia e Chioggia, disponesse il divieto di prospezione, ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po.
Assicuro il governo che il tema e’ e rimane particolarmente sentito, incontra le sensibilità più diverse ed è qualcosa di realmente trasversale. Nella mia provincia, il Polesine, la subsidenza richiama tuttora e intreccia memoria storica e cronaca familiare, rappresenta tuttora una ferita aperta, un trauma che non possiamo e non dobbiamo rimuovere o dimenticare, se vogliamo davvero poter immaginare un futuro per il nostro territorio e per la sua gente. Le nostre preoccupazioni, le nostre riflessioni sono suffragate da dati oggettivi, non sono certamente l’esito di un processo emotivo o transitorio. Il pronunciamento unanime del Consiglio regionale del Veneto, di poche settimane fa, costituisce un fatto politico di rilievo e testimonia l’atteggiamento sostanzialmente compatto di un territorio.
Nella giornata di ieri, proprio qui alla Camera, abbiamo discusso di un tema fondamentale per i prossimi anni come quello rappresentato dal cambiamento climatico e delle questioni che saranno al centro della Conferenza di Parigi. Un dibattito importante, che ha evidenziato l’attenzione del governo e del Parlamento su questioni destinate ormai inevitabilmente ad incidere fortemente sull’agenda politica globale, sugli scenari ambientali, economici e geopolitici. Si tratta a nostro avviso di temi e di nodi epocali che, a maggior ragione, dovrebbero indurci e dovrebbero indurre il governo a riconsiderare alcune delle sue posizioni, assumendo iniziative tese a rivedere le disposizioni contenute nel decreto-legge “Sblocca Italia” per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale (vedi le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum, ad esempio), tenendo conto della contrarietà di larghissima parte della popolazione e delle implicazioni di lunga durata connesse ad una strategia energetica che fosse imperniata in via prioritaria sulla ricerca e sullo sfruttamento di idrocarburi.
Appare necessario un ruolo attivo del governo nazionale per monitorare i fenomeni della subsidenza, dell’erosione delle coste, dell’impatto ambientale di strutture già esistenti – impatto particolarmente rilevante nel Delta del Po, come si è accennato – e del progressivo innalzamento del livello del mare, nonché per mettere in atto strategie complessive finalizzate alla tutela della specificità del territorio della costa veneta, di Venezia, Chioggia, del Delta del Po, che partano dal pronto coinvolgimento di tutti gli attori locali e da una rinnovata elaborazione di carattere generale rispetto alla valenza nazionale dei problemi in essere e delle questioni che qui sono state richiamate.
Riteniamo che il governo nazionale debba tener conto, per le ragioni di cui sopra, della specificità del territorio dell’Alto Adriatico, con particolare riferimento alla costa polesana e quella veneziana, al Delta del Po e all’entroterra padovano e veneziano prossimo all’area polesana, e della necessità di un intervento rispetto ai fenomeni della subsidenza, a dell’erosione delle coste e ai rischi derivanti dall’innalzamento progressivo del livello del mare.
Crediamo che l’Alto Adriatico e la costa veneta specialmente presentino peculiarità e problematiche territoriali che li rendono, di fatto, unici, meritevoli di una attenzione da parte della politica centrale che salvaguardando un patrimonio ambientale straordinario potrà contribuire a difendere e rilanciare le autentiche vocazioni di realtà come quelle rappresentate da realtà come Venezia, Chioggia, il Delta del Po, dalla pesca al turismo (il Veneto e’ la prima industria turistica italiana), dalla portualita’ alla logistica, nel quadro di una più articolata economia blu, di una più articolata economia del mare che, oltre a rientrare ugualmente tra le dichiarate priorità del nostro governo, appare strettamente, inestricabilmente legata all’identità della nostra terra e al suo futuro.
On. Diego Crivellari