Con la conversione in legge del decreto entra in vigore una nuova disciplina delle intercettazioni che consolida e sviluppa la riforma Orlando.
Si tratta di una normativa innovativa ed equilibrata, che tiene insieme le esigenze investigative e quelle relative al diritto alla riservatezza e al diritto di difesa.
Già nella passata legislatura avevamo affrontato il tema della pubblicazione di quelle intercettazioni che nulla hanno a che vedere con l’oggetto delle indagini, azione che colpisce la privacy delle persone coinvolte, dei loro affetti, familiari e dei loro amici. Una barbarie, un malcostume che già il ministro Orlando aveva incominciato ad affrontare.
Innanzitutto si prevede che le intercettazioni ritenute dal giudice “irrilevanti” siano conservate in apposito archivio telematico, non possano essere trascritte, non possano essere inserite nel fascicolo e, prima della loro distruzione, siano coperte da segreto e dunque non siano pubblicabili.
Inoltre abbiamo reso possibile per i difensori accedere a queste conversazioni, garantendo pienamente il diritto alla difesa.
Da un lato, quindi, vengono tutelati il diritto alla privacy dei cittadini, ma dall’altro questa legge garantisce a chi svolge le indagini l’utilizzo di strumenti necessari, le intercettazioni appunto, per perseguire reati gravi.
Vengono infatti definiti i presupposti per poter utilizzare i cosiddetti Trojan e in particolare per poterlo utilizzare nei luoghi di privata di dimora quando si tratti di reati dei Pubblici Ufficiali contro la Pubblica Amministrazione: in sede di conversione al riguardo è stato inserito un onere di motivazione rafforzata sulle ragioni che ne giustificano l’utilizzo. In tal modo si introduce una prima distinzione nell’utilizzo del Trojan tra i reati di mafia e terrorismo, e quelli contro la P.A. imponendo per questi ultimi la necessità di un requisito più stringente.
Inoltre il Trojan, a differenza delle intercettazioni ambientali, potrà essere disposto dal P.M. in via di urgenza solo per i reati di mafia terrorismo e contro la P.A. (puniti con una pena massima non inferiore a 5 anni).
Dispiace che alcuni partiti abbiamo scelto la disinformazione sul tema dell’utilizzo dei cosiddetti trojan.
Primo, per usare lo strumento delle intercettazioni bisognerà motivare la sua indispensabilità e se ci sarà un difetto di motivazione si potrà impugnare la questione.
Secondo, le intercettazioni a mezzo di trojan a differenza delle normali indagini telefoniche e ambientali, potranno essere utilizzate solo per i reati connessi a reati di mafia, terrorismo e contro la PA. E dunque chi in queste settimane ha attaccato il provvedimento e il Partito Democratico, definendolo soggiogato ad una cultura giustizialista, dimostra di non conoscere il testo in questione ma soprattutto di non avere una grande cultura democratica.
È giusto evitare le cosiddette intercettazioni a strascico; meno comprensibile è l’idea che nel momento in cui una intercettazione autorizzata prefiguri l’esistenza di un reato diverso si possa far finta di niente. E crediamo che il punto di equilibrio trovato sia giusto.
Gruppo PD Camera dei Deputati